domenica 27 marzo 2011

Senza titolo



Vorrei che fosse sacrificale, non celato e puro.
Una variazione grottesca di fantasie di modeste palingenesi, altari babilonesi, forse all'ingresso di Ninive accanto ai covoni del grano.
Vorrei che fosse sconsiderato, inetto, inconsapevole,
un tributo pagato con grazia alla dea della morte e della vita,
della guerra che indossa la stessa maschera di fertilità minacciosa che le donne espongono quando la luna è quasi piena e digrignano i denti contro le loro pance vuote e gli scivoli di pietra inefficaci.
Eppure le piante non celebrano, non sciolgono voti.
Così. Lo vorrei così, dentro passanti sconosciuti che lasciano cadere una moneta d'argento nella ciotola delle offerte e sanno di compiere la volontà del campo, del proprio pane sopra la stuoia pulita, dell'otre della moglie che cova silenziosa mentre la dispensatrice di morte e vita si compiace e vibra mentre vibrano, mentre vibro.
O forse no.
Forse lo voglio assente, lo voglio nel pensiero, solo lì, dove originano il campo e gli scivoli di pietra e il pane e i figli degli otri delle donne, dove originano gli dèi e i loro passi metallici e la vita e l'erba e la guerra che riduce la competizione per le donne e gli otri e i figli mentre la dea sorride e indica
- di là.